TEMPIO RISTORATO DI S. MARIA DELLA PIETÀ’. Singolare evento, che ci riempie l’animo di meraviglia, da non poter credere quasi agli occhi nostri, è il grande ristauro del tempio insigne di S. Maria della Pietà, per 1’ antitesi inaspettata, che la non florida attualità dei tempi contrappone alle opulenti e splendide età, che passarono. Sta infatti un’ unica parola nella storia, lo quole accenna ol non compiuto ediflzio,che pur grandioso e maschio s’immaginavo, per le intervenute traversie di quel secolo, l’ultimo dello veneziana potenza. E noi di rincontro ne porremo un’altra, per chiarire la posterità che, in un secolo ben differente, di poco larghe fortune, continuavasi l’opera, e con tanto sforzo di pietà cittadino, da lasciar inferire, senza inganno, incrollabile la grandezza di Venezia. Fu sotto il doge Alvise Pisani, che si concepiva l’idea di cangiare il primo tempietto, di cui tocca il Sansovino, in una chiesa elegante e grandiosa; ed ai molti nobili disegni ve* niva quello anteposto di Giorgio Massari, veneziano architetto, che Dori contemporaneo al Temanzo, benché lo abbia fatto segno di sue acri censure il P. Lodoli, che n’ero stato eletto giudice del inerito dai governatori di quell’ ospitale. La forma della chiesa, al pari di quella degl’ Incurabi- li, si foceo elitticn, per favorire le impressioni acustiche, destinola, come era, od uso di conservatorio di musica. Paolo Rossi, pubblico proto, veniva destinato a presiedere alle escavozioni ed all’impianto delle fondamenta; perle quali il doge Pietro Grimani accordava passa 560 di sbag-gi, e 400 dì maggiori, e di roveri, delti nel decreto: legnami vecchi del disfacimento navi della Casa dell'Arsenale. Lo stesso serenissimo principe, ito alla Riva degli Schiavo-