04 SUI PATRIARCHI bile aumento alla popolazione di Grado, ove pure fermarono stanza le più nobili e ricche famiglie, e vi tornarono quei molti eh’ eransi restituiti alla patria distrutta, ed ebbero il dolore di trovare rimaritate le mogli, come scrive il papa S. Leone in una lettera a Niceta vescovo di Aqui-leia. La terra di Grado ero fino allora rimasta quasi disabitata, e divenne più celebre ancora tra le città. La sua posizione era distante quattro leghe da Aquileia e venti-due da Venezia, all’ imboccatura della Natisa presso la laguna di Marano. Tal nome le danno le cronache e i documenti antichi, veneziani e friulani, perchè là stavano particolarmente le gradinate marmoree, dette Gradus dai Romani, quali faceansi alle foci dei fiumi navigabili e sulle spiagge marittime , per facilitare l’imbarco e Io scaric delle merci, essendo stato quello il vero porto di Aquileia. Anche adesso infatti si dà il nome di Laguna di Grado, e prima si dava quello di aquae gradqtae, all’ ultimo salso estuario della Venezia marittima. Questa città figurò floridissima, munita di grosse mura e di alte torri, con chiese magnifiche per fini marmi e per mosaici preziosi, coi palagli turriti de’ dogi, ove risiedeano spesso per amministrar la giustizia , e con piazza selciata e circuita da portici, quella e questi riattati nel IX secolo dal troppo famoso patriarca Fortunato. A questa chiesa di Grado inviato aveva in dono, due secoli prima, l’imperatore E-raclio, al fine di conciliarsi l’amore dei Veneziani, la Cattedra marmorea che tenevasi avesse servito a S. Marco in Alessandria, e che l’imperatrice Elena avea fatta portare a Costantinopoli. Del pari la cattedra di S. Er-magora, illustre santo di Aquileia, si conservava in quel tempio, e tali preziosità ne aumentavano il lustro e la nominanza. Numeroso e rispettato era inoltre il clero di Grado, e possedeva in Rialto a Venezia grande palagio e la chiesa stessa di S. Giovanni Elemosinario, con molte altre