298 LA DAMA ricchi vìi, e preparossi delle possidenze per i tedii della vecchiezza. Tirati su infatti i capelli, con grasso e cera distemperato, si ordivano i famosi toupè incipriati alla francese; ne risultava quindi spaziosa la fronte, da far risaltare le veneri del sembiante e lasciar vedere nella semplicità 1’ avvenenza; alla qual foggia avvicinasi adesso la così detta pettinatura alla foco. Tanto era poi lo scialacquo della polve, che il raccoglierla col pettine diventava un incerto di prezzo per le donzelle di servigio. Con fornitura varia ed industriosamente architettata, frammetteansi ai neri o biondi capelli gran copia di brillanti, di veli, di fiori e di piume. Un pettine lungo di acciaio o di tartaruga sorreggeva e costringeva un riccione: discendeano, quasi a pioggia, da ogni canto le anelia: non occorreva meno di un’ora e mezza al parrucchiere, per assestare le chiome in quella complicata toilette. Tante gemme spargeansi poi per l’accarezzata capigliatura, che fra le tradizioni galanti conservasi quella di una Caotorta, che in quindici giorni quanti ne corsero dalla sua comparsa fatta alle sponsali-zie di una Grassi, cavò roba dalla testa ogni dì, recandosi a visitare i parenti, e l’ultima giornata le rimanevano ancora preziosi fregi, da arrestar l’attenzione. Non è agevole a dirsi quale fosse 1’ equipaggio di una sposa di no-bil sangue, la dovizia e il valsente delle gioie e dei merli, che abbondavano sempre nelle famiglie e trasmetteansi di linea in linea, al pari dei possessi, con vincoli quasi (idei* commissari. E diremo solo tenersi ricordo dai vecchi, che, a mo’ d’ esempio, una Busenello, della casta dei segretari di senato, nipote ad uno dei cancellier grandi di questo lignaggio che ora sta per estinguersi, non abbisognò più di nuovo corredo dopo quel delle nozze, e stante la straordinaria copia degli effetti di ogni genere portati in dote, indossò un abito due sole volte nel corso dì pressoché quattro lustri. In casa, e per i privati ricevimenti le dame