360 NICOLÒ PRILLI schermo dalla selva aspra e forte del mondo, esordiva quell'istituzione in Venezia, pensiero dello specchiato cavaliere Venceslao Martinengo, e I’ amor nel Priuli, eletto preside appena, divampava, e parve serbato alla gioia coraggiosa di mettere in opera il bene, senza giammai far sosta, di fronte alle strette gravi e frequenti del nascente Istituto. Quindi il cuore per la gran causa rendea facondo oltre ogni dire il suo labbro: e ciò vedemmo massime ne’ solenni giorni, in cui come capo della Commissione, e presenti i Magistrati, cui focean ala matrone e cavalieri, nella dorata aula regale, prima sede del gran Consiglio ne’ primordi della Repubblica, preludeva dinanzi gli Azionisti alle relazioni sulle rendite prodigiosamente affluite, e sulle spese dell’anno, e una festa riputava quella di gratitudine, quasi al (ine che i pargoli ricevessero l’ultima educazione del cuore dal sentimento del benefizio. E con forte passione, con pronta e brillante immaginativa, con un calore che fecondava l’argomento, in nobile accordo unitovi l’amore del suolo natio, che in lui fu potentissimo, svolgea i temi sulla utilità degli asili alla classe stessa dei ricchi; sulla necessità di mantenerli; sulla influenza di religione nella pia opera di essi; e sulla moralizzazione del popolo derivata da quella istituzione divina. Allora la stessa riconoscenza sua propria gli rendeva esilarante la facondia, se con orazioni, ch’erano tutte sparse di poetiche fantasie, lodava i benemeriti, che largirono in morte un patrimonio agli Asili, e gli lisciano le parole palpitanti di affetto, e pennelleggiava con tal maestria, che ci rimarrà, fra le altre, come modello di eloquenza la sua orazione sull’ estinto podestà esimio co. Boldù, mai encomiato e mai compianto abbastanza. Nè ingannava l’operar del Priuli, onde sarebbe a desiderarsi che ogni azione umana portasse, al par delle sue, impresso lo stato morale dell’operante, che assai più esatti sarebbero i giudizi, e molto di maraviglia perderebbe la storia. Ma se gran titolo