4 Novi schizzi dall’Adria Ea. Non meno interessante è F iscrizione scoperta nell’interno dell’Istria, nella quale si legge di un dio Me-lesoccus. « Si coglierà nel segno » dice Frauer, ravvisandovi una forma latinizzata del « melek-sakkut a, divinità per lungo tempo venerata appo gli Israeliti, dal loro soggiorno in Egitto in poi, come dalle notizie tramandateci dal profeta Amos. Anche i Colchi avevano abbracciato un culto sottoegiziano-semitico e quindi l’opinione d’Erodoto, ■circa la loro origine,'è fulgidamente confermata. Già da molto tempo l’onomatologia semitica delle diverse località istriane ha dato nell’occhio a parecchi dotti, però d’altro non si parlava che d’ipotetiche colonie fenice. L’antica Cittanova si chiamava Haemona, nome in cui, secondo il Frauer, si ravvisa facilmente Hamona, cioè colonia o collettività di gente. In Rabaz,’il Frauer scorge la semitica Rabath, capitale preistorica, di cui ancor adesso, là vicino, nel più grande castelliere dell’ Istria, si trovano gli avanzi. Quantunque Emilio Frauer sia armato d’un grande corredo scientifico, pur tuttavia, come fu già accennato, le sue idee non sono condivise da tutti. Per lungo tempo la spiaggia settentrionale dell’Adria fu per i Greci, più che ignota, un mito : di fatti, il Quieto per essi non era che un ramo del Danubio. Questo errore tolse loro tutta 1’ autorità in questione : del resto non si può rilevare, se il nome Istria l’abbiano identificato a quello del preteso ramo del Danubio, o se, ingannati dal nome del paese, abbiamo ritenuto il Quieto per un ramo del Danubio. Il D.r Bernardo Benussi è del primo avviso. Anche sul Mar Nero, alle foci del Danubio, c’ è una città chiamata Istria. Ciò malgrado, il D.r Benussi punto non giunge alla conclusione che la nostra penisola sia stata abitata da un popolo greco, ma piuttosto, insistendo sulla circostanza, che un popolo non dà di solito il nome