Valle della Dragogna 99 l’allegria e laloquacità le distingono dalle croate, che, sempre vestite di lana bruna, sempre calzate di opanche goffe, vanno per via solitarie ed appaiate. Una moltitudine di veicoli sfila dinanzi ai nostri occhi : calessi di cittadini diretti ai loro poderi, carri pesanti coi buoi aggiogati, e carelli tirati da piccoli ciuchi tanto lesti da svergognare il nostro cavallo arrembato. La strada, penetrando nella ridente Valle di Fasano, ricca di viti e d’ olivi, piega dietro il dorso della penisoletta di Sezza e conduce presto a S. Bartolomeo, luogo ameno, rallegrato da qualche villa, da case rurali e da una chiesetta. Poi, descritto un ampio arco a tergo delle grandiose saline di Sicciole, la strada valica un ponte di pietra sulla Dragogna. Li appresso vi è un’osteria, il proprietario della quale nel secolo decimoquarto era obbligato di tenere sempre pronti due letti per i viandanti. In prossimità del ponte vi è un piccolo porto di caricamento per i trabaccoli che vengono a prendere le pietre scavate nei dintorni. Il ponte è quasi centro d’un esteso panorama circolare : verso ponente lo sguardo si libra sopra lo strano labirinto d’ argini e di canali delle saline, poi spazia sul mare, sulle cui onde dondolano come uccelli acquatici le vele bianche e le gialle dei Chioggiotti, e la nave a tre alberi incede con maestà sospinta dal vento ed i piroscafi slanciano i loro pinacoli di fumo sperdentisi in nubecole lunghe lunghe ; verso mezzogiorno l’occhio s’ arresta su d’una costiera ripida, il cui crinale conduce a diritto filo fino a Castelvenere prossima meta della nostra gita. Lasciato il ponte di Sicciole, la strada ci conduce ben presto lungo il corso della Dragogna e per entro ad un grande territorio alluvionale. A sinistra, su d’un poggio spicca l’ampio edificio di S. Onofrio, dimora di Benedettini, la cui casa madre è quella di Praglia alle falde dei monti Euganei presso Padova, una volta tanto rinomata come istituto d’educazione e che, soppressa nel 7*