RRLONI 5) Istria e la Dalmazia toccarono l’apogeo del loro splendore all’ epoca di Roma imperiale, ma nè 1’ una nè 1’ altra fu poi in grado d’ assorgere a tanta altezza di benessere e di civiltà. Al presente, cbi percorre l’Istria trova i campi, una volta tanto ubertosi, abbrustoliti dal sole, le stalle deserte, poveri d’acqua essendo i serbatoi. Ora-, il vino istriano, una volta tanto caro alle aristocratiche mense romane, migra, appena fermentato, nei laboratori dei negozianti, per trasformarsi in misero miscuglio, che fa la sua comparsa sui tavoli delle osterie, battezzato con nomi esotici ; il vino lasciato in paese dai grandi bevitori — per salvarlo dall’acidità — conviene consumarlo nell’anno in corso, l’enotecnica essendo affatto ignota ai contadini dell’ Istria. Il prelibato Refosco, la Ribolla ed il Moscato, di cui vanno fornite le cantine d’alcuni signori, confermano la regola. Celebre era l’olio istriano ai tempi di Plinio, ma nel secolo scorso Giacomo Renier trova buoni gli oliveti soltanto nei dintorni di Pirano, d’Isola e di Muggia ; invece nel Pa-rentino e nella Polesana li vede incolti ed inselvatichiti. Al presente, 1’ olio d’ Istria è di qualità scadente, e per argomento a rovescio, vedendolo deprezzato, invece di migliorarne la qualità, si lascia inselvatichire 1’ olivo, nè