Parenzo 121 zione delpalazzo dietale, oggidì stanno sotto la linea della marea 4). Indi, in una parte dell’ Istria ai Longobardi seguirono i Franchi, che, elevata Cittanova a sede ducale, ingrandirono il possesso fondiario della chiesa. I vescovi di Parenzo usurparono il diritto di pesca e di pascolo, e già nel 543 si facevano prestare dai cittadini le decime dei frutti e dell’animalìa. Quasi ciò non bastasse, nei dintorni presero stanza i Cavalieri di Rodi, i Templari, gli Olivetani, i Benedettini ed i Francescani. Sulle isole Brioni i vescovi possedevano una salina, del Canale di Leme avevano il diritto di pesca, sul Quieto i mulini, e finalmente giunsero a conseguire tutti i diritti feudali nel territorio di Parenzo, diritti di cui ne fecero abuso non meno prepotente di quello dei loro colleghi d’Aquileia e di Concordia. Il popolo impoverì e per la crescente oppressione tanto s’esasperò, che nel 1297, condotto dal suo podestà, ruppe in aperta ribellione, assaltò l’episcopio ed appiccò il fuoco ad Orsera, residenza estiva vescovile. Il vescovo fuggì a. Pisino. L’esempio della resistenza alle ingordigie dei principi della Chiesa venne per vero da Pola, e precisamente da uno di quella famiglia Sergia, a cui la città istriana dai sette colli è debitrice della Porta aurea ancora adesso tanto ammirata. I Sergi, signori di Pola, avevano nel 1260 una contesa d’ investitura col vescovo, ed un giorno — vigeva allora il diritto del pugno — gli armigeri assoldati dai Sergi, penetrati nel palazzo, strapparono al vescovo gli atti processuali e li gettarono in mare. Malgrado tali episodi, i vescovi di Parenzo poterono salire in potenza di principi a segno che il 3 giugno 1368 ricevettero nella loro corte i rappresentanti dei potenti (1) Atti e memorie della Soc. isti-. 1889. Pag. 375.