Attraverso l’Istria rossa 171 s’inalzano cupoloni biancastri, che riflettono una luce abbagliante. A tergo dei monti d’Albona spuntano enormi panneggiamenti quasi di ghiaccio. I mostri salgono salgono ed in loro movimento proteiforme ora modellano 1’ Hima-laia, ora profilano il monte Bianco, poi si stendono in massa omogenea ed il fantasma svanisce. La natura ci minaccia e Giove Pluvio s’ avanza sui suoi cavalloni. Frattanto giungiamo a Barbana. Pel portone di città s’entra in una piazza irregolare in cui s’ergono : un palazzo diroccato, la chiesa e la loggia. Palazzo e loggia sorsero per opera di uno della famiglia Loredan. La loggia in origine era un porticato, sopra del quale era il magazzino annonario, ora scuola popolare. Sulla parete posteriore del portico a pilastri sono delle pietre romane ricordanti che l’impero d’Augusto s’estendeva Ano all’Arsa; altre parlano della dominazione veneta. Secondo un’ iscrizione, il portico s’eresse nel 1555. Nell’orto del palazzo sono ruderi appartenenti ad un castello feudale di cui altro non consta che lo distrussero (1330) i mercenari del patriarca d’Aqui-leia. Nel 1311 Barbana e Castelnovo sul canale dell’Arsa, caddero nelle mani di Venezia ; indi questa, messele, al-1’ asta, le vendette per 14600 ducati ai Loredan a cui trasferì pure il diritto ereditario ed il diritto d’ esercitare il potere demaniale col titolo di capitano. All’accrescimento della potenza della famiglia Loredan, avrà contribuito, chi sa in quali proporzioni, la circostanza che in quel tempo Leonardo Loredan vestiva il pallio dogale. Sul grande piazzale del castello, o se si vuol dire della borgata, non si vede anima viva. Oi volle del tempo prima di scavizzolare un uomo, che ci portasse la valigia. Prendiamo la via dell’ Arsa ; attraversando i campi e per un villaggio diroccato entriamo in un boschetto di querce al-l’estremità del quale il terreno scende ripido, senza un