Novi schizzi dall’ Adria i cittadini furono costretti a ricostruire la rocca. La fine della guerra fra il re Sigismondo e Venezia suonò l’ora della definitiva liberazione di Maggia dal giogo dei patriarchi. Eppure con tante angustie, con tante traversie, Muggia sale in coltura ed in benessere. Già nel secolo decimoquarto stipendia un maestro di grammatica di Venezia, e nel 1387 incarica don Giovanni pievano di Codroipo di fabbricarvi un orologio ; costni era probabilmente imo scolaro del celebre Giacomo Dondi di Padova, il primo costruttore d’orologi da campanile in Italia. Quindi Muggia conscia della propria forza, ancora prima che il leone di S. Marco la prendesse sotto le sue ali protettrici, ebbe un periodo non indifferente di cultura, « si sviluppò in comunità. Al suo sviluppo dovrebbero aver contribuito i coloni romani e fors’ anco le antiche relazioni colle vicine città d’Aquileia e di Aitino, essendoché non lungo era il viaggio per il porto di Sistilianum e da questo, per la tranquilla laguna, fino alle foci del Timavo. Nei tempi preistorici, per questa via commerciale forse passavano a Muggia i campioni di quei vasi e di quegli utensili, trovati poi nella terra bruna dei castellieri, e tanto anàloghi ili cimeli delle necropoli euganee d’Este. Muggia vecchia non sopravisse alla dominazione del leone di S. Marco in Istria, ma lassù in quella solitudine sonnecchia ancora il ricordo degli antichi Istriani, celti od illiri, che furono sempre pronti a difendere i loro penati colle armi di bronzo nel pugno ; lassù la terra ricorda le legioni romane conquistatrici del paese, e quei vescovi d’Aquileia che, entrati come maestri, la fecero da conquistatori. Fino lassù, in quella placida fantasmagoria, giunge dal di sotto lo strepito dei gravi martelli, il fragore delle lamine di ferro percosse, il sibilo delle lime in moto, il rimbombo delle caldaie sbuffanti. In riva al mare, a S. Rocco, s’inalza un castello natante, dal corpo d’acciaio temprato,