l’entrata dell’ITALIA IN GUERRA 233 Anche Biancheri, entrando a palazzo Venezia, ebbe l’impressione che non vi si rendesse conto di quello che egli andava a fare. Ma, come narra Macchio in Wahrheit!, l’abbigliamento di Biancheri (redingote e cilindro) aperse gli occhi. Macchio « inforcati gli occhiali » cominciò a leggere il documento che gli rimise Biancheri. Resosi poi conto della evidente conclusione, nemmeno lo fini. Successivamente Bianche-ri, che già da qualche giorno, per incarico di Son-nino, conferiva alla Consulta con un segretario austriaco, il barone de Vaux, circa un treno che “eventualmente” fosse stato necessario per trasportare Ambasciata e sudditi austro-ungarici in Italia oltre confine, definì a palazzo Venezia con i segretari austriaci i particolari del viaggio, e rimise i passaporti. Parte dei segretari austriaci a Roma usavano andare per la colazione al Circolo della Caccia. Andarono anche quella domenica 23. Ma, dopo colazione, partendo, lasciarono ampie mancie al personale, ciò che non si usava fare al Circolo che una volta all’anno. L’atto fu subito noto e, naturalmente, fu giudicato come indizio sicuro di ciò che doveva poi accadere. La partenza dell’Ambasciata austro-ungarica da Roma avvenne senza incidenti. Cosi la partenza delPAmbasciata tedesca. Con la Germania non vi era stata la denuncia della Triplice, né vi fu, per allora, dichiarazione di guerra: vi fu solo, intanto, rottura di relazioni. Nella sua ultima siasi pretesto per provocare e motivare cosi la dichiarazione di guerra ».