l’entrata dell’ITALIA IN GUERRA 239 vore, fra cui piena ed intera libertà di azione nei Balcani. È da notarsi che la cessione del territorio nel Trentino non doveva, nel pensiero del Governo austro-ungarico, effettuarsi immediatamente, secondo noi chiedevamo, ma alla fine dell’attuale conflitto. Rispondemmo che la offerta non poteva soddisfarci, e formulammo il minimo delle cessioni che potevano corrispondere, in parte, alle nostre aspirazioni nazionali, migliorando equamente la nostra situazione strategica nell’Adriatico. Tali richieste comprendevano un confine più ampio nel Trentino, un nuovo confine sull’Isonzo, una situazione speciale per Trieste, la cessione di alcune isole dell’Arcipelago delle Curzolane, il disinteresse dell’Austria nell’Albania ed il riconoscimento dei nostri possessi di Valona e del Dodecaneso. Alle nostre richieste furono opposti dapprima dinieghi categorici. Solo dopo un altro mese di conversazioni, l’Austria-Ungheria si indusse ad aumentare la zona di territorio da cedere nel Trentino limitandola a Mezzolombardo, ma escludendone territori italiani come un lato intero della Vallata del Noce, Val di Fassa e Val di Ampezzo e lasciandoci una linea non rispondente nemmeno a scopo strategico. Restava poi sempre fermo il Governo austriaco nel negare qualsiasi effettuazione di cessione prima del termine della guerra. I ripetuti dinieghi dell’ Austria-U ngheria risultarono esplicitamente confermati in un colloquio che il barone Burian tenne col regio ambasciatore a Vienna