MESSAGGI REALI nazionali e prego Vostra Maestà di credere ai miei sentimenti di devota amicizia. - Raimondo Poincaré Poincaré narra (Au service de la France, VII p. 227) che il suo telegramma venne inviato per il tramite del ministro francese degli Affari Esteri e che, rientrando da una visita al fronte, non trovò alcuna risposta. E più oltre (p. 231) soggiunse: «Re Vittorio Emanuele mi ha in verità telegrafato già martedì per il tramite dell’Ambasciata italiana, ma il signor Tittoni, constatando che questo messaggio, alquanto freddo, non corrispondeva al mio, non me lo aveva trasmesso ed aveva consigliato a Roma qualche aggiunta. Oggi, avendo fatto chiedere dal signor William Martin se la risposta non si fosse perduta, il signor Tittoni ci ha dato questa spiegazione e ci ha inviato allo stesso tempo il testo, effettivamente alquanto freddo, del telegramma che aveva trattenuto ». Può darsi che l’impressione di Tittoni fosse esatta se egli confrontava la dizione italiana, d’altronde concorde a quella inviata a Londra e a Pietro-grado, con la usuale eloquente dizione francese e di Poincaré, ma non si vede perché di questa sua impressione, di fatto comunicata a Roma, egli facesse confidenza ai Francesi. Come che sia, Sua Maestà inviò poi a Poincaré questo secondo telegramma: Il telegramma col quale entrando in campagna rivolgevo a Vostra Eccellenza il mio saluto ed i miei