LE ULTIME SEDUTE DEI QUATTRO 85 Si aprono le finestre e tutti vanno a sentire. Soddisfatti. (1) Clemenceau dice : « La pace ! e si combatte ancóra da tutte le parti: Russia, Ungheria, Jugoslavia». Usciamo. Scendiamo insieme le scale. Clemenceau appare molto soddisfatto. Fuori. Parigi pare abbia assunto un altro aspetto. Le salve hanno dato la stura all’entusiasmo. La gente più varia, operai, impiegati, sartine, commessi si prendono a braccio e formano per le vie circoli, movendosi a tondo e cantando canzoni patriottiche. Squillano trombe. Rullano tamburi. Esultanza. La mia automobile passa a stento, lentamente, per vie gremite. Ad un tratto si ferma. Vedo che il meccanico, un militare italiano in uniforme, sparisce dal suo sedile. Non mi rendo conto di che sia accaduto. Ritorna, dopo qualche minuto, col volto pieno di sangue. Gli domando: «Che hai? ». Mi risponde: «Si, ma l’ho ripresa! ». E mi mostra in mano la bandierina d’Italia che era sul davanti dell’automobile. Un Americano, al passaggio, l’aveva strappata dall’auto. Scendo e dico il fatto mio aH’Americano, forse ubbriaco, che più esperto nella boxe del meccanico, l’aveva colpito alla faccia. La folla ascolta in silenzio. (1) Risultò poi che i cannoni non avevano sparato in quel momento, ma mezz’ora dopo. E tutti avevano creduto udirli. Suggestione collettiva? Raccontai l’aneddoto due giorni dopo ad un pranzo dove era Paul Bourget. Egli disse : « Dove si vede come si può aver fede nelle testimonianze plebiscitarie ».