I08 LE ULTIME SEDUTE DEI QUATTRO Penso a quanto disse Lloyd George a Rapallo. Siamo nella sala ove nel 1871, dopo la vittoria, Bismarck, colossale nell’uniforme di corazziere tedesco, lesse la proclamazione dell’impero. Rivedo nella memoria il grande quadro di von Werner dove la scena è riprodotta con tanto bagliore di uniformi. Soldati sull’attenti, bandiere, spade sguainate, Re, Principi. Ora siamo tutti, meno i militari, in nero. Nessun Re, nessun Principe. Wilson pare abbia quasi la veste di un pastore protestante. Pace « democratica ». Ore 15,15. Clemenceau dichiara aperta la seduta: «... L’accordo è fatto tra le Potenze alleate e Associata... Le firme stanno per essere scambiate. Esse costituiscono un segno irrevocabile di eseguire lealmente e fedelmente, nella loro integrità, tutte le condizioni del Trattato. In queste condizioni ho l’onore di invitare i signori delegati del Governo tedesco ad apporre le loro firme ». Clemenceau è bianco. Mantoux, nel tradurre in inglese le poche parole di Clemenceau, mi appare, per la prima volta, emozionato. Nessun altro mi pare abbia emozione nella sala. Nemmeno i Tedeschi. Miiller continua ad avere uno sguardo bene aperto, ma atono, se non forse, talora, calmamente interrogativo. Sente egli o immagino io che egli senta, un poco smarrito ma sottomesso al destino, il peso della disfatta e della colpa tedesca gravargli le spalle quasi scavate? Taluno che l’ha conosciuto prima della guerra mi dice che è notevolmente smagrito. La denutrizione, la fame, conseguenza del blocco alleato?