l’entrata dell’ITALIA IN GUERRA 235 sposta remissiva della Serbia, che dava all’ Austria-Ungheria tutte le soddisfazioni che essa poteva legittimamente chiedere, rifiutando di dare ascolto alle proposte conciliative che l’Italia aveva presentato insieme ad altre Potenze, nell’intento di preservare l’Europa da un immane conflitto, che avrebbe sparso sangue ed accumulato rovine in proporzioni mai vedute e neppure immaginate, l’Austria-Ungheria lacerò con le sue stesse mani il Patto d’Alleanza con l’Italia, il quale, fino a che era stato lealmente interpretato, non come strumento d’aggressione, ma solo come difesa contro possibili aggressioni altrui, aveva validamente contribuito ad eliminare le occasioni e comporre le ragioni di conflitto e ad assicurare ai popoli per molti anni i benefici inestimabili della pace. L’articolo primo del Trattato consacrava una norma logica e generale di qualsiasi Patto di Alleanza, cioè l’impegno di « procedere ad uno scambio d’idee sulle questioni politiche ed economiche di natura generale che potessero presentarsi ». Ne derivava che nessuno dei contraenti era libero d’intraprendere, senza previo comune concerto, un’azione le cui conseguenze potessero produrre agli altri alcun obbligo contemplato dall’Alleanza o comunque toccare i loro più importanti interessi. A questo dovere contravvenne l’Austria-Ungheria con l’invio alla Serbia della sua Nota in data 23 luglio 1914 senza previo concerto con l’Italia. L’Austria-Ungheria violò cosi indiscutibilmente, in una delle sue clausole fondamentali, il Trattato. Tanto maggiore era l’obbligo dell’Austria-Unghe-