100 NOTE E VARIANTI v. 1099. “ Sul funebre seggio.” Allusione al costume, durato nelle Colonie Albanesi d’Italia fino a buona parte del seo. XIX, di comporre i cadaveri non sul letto, ma su un seggio. A proposito di tale usanza, ricordo l’accenno che se ne trova nella Sofonisba del Trissino, dove il Coro dice della Regina, già “ passata con suaue morte ” : “ Non la mouete giù di questa sedia \ Ou’e. ma uia portatela con essa.... \ Tenetela dai lati, hor, eh' ella e dentro \ Da l' atrio, riponetela nel mezo. —E racconcisi poi. come ha da stare.” (Cfr. La Sofonisba di Giangiorgio Trissino con note di Torq.“ Tasso edite a cura di Franco Paglierani, Bologna, Romagnoli, 1884, c. 36r ). CANTO XXXI, v. 1146. - Ripreso dalla I* edizione, perché a noi sembra di scorgervi una mossa, e in tutto il canto come un’eco, d’un più divino rimpianto: “Se torna maggio e ramoscelli e suoni Van gli amanti recando alle fanciulle, Dico: Nerina mia, per te non torna Primavera giammai, non torna amore. Ogni giorno sereno, ogni fiorita Piaggia eh’ io miro, ogni goder ch’io sento, Dico: Nerina or più non gode; i campi L’aria non mira....” (Leopardi. Ricordanze). Anche nel canto precedente, i vv. 1121-24, di macabro effetto, hanno un’innegabile concordanza col Canto leopardiano Sopra il ritratto d' una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima. — Benché nessun accenno il D. R. abbia fatto mai del Leopardi, pare inconcepibile ch’egli, nella sua prima permanenza a Napoli [1835-36], non abbia conosciuto, non certo il grande Poeta personalmente e formalmente, ma almeno le sue poesie, di cui ( quand’anche le avesse ignorate prima) 1 ediz. napoletana dello Starita ( settembre 1835 ) non poteva passargli inosservata. E. d’altronde, come una vaga consonanza è pur fra altri canti del Milosào, e gl’ “ idilli soggettivi e rappresentativi insieme” (ZuMBINl) nei quali il L. espresse “ situazioni, affezioni, avventure storiche del suo animo” (Carte Napolitane). Si confronti, p. es„ il 1‘ c. del Mil., con La Vita Solitaria, vv. 1-10, e 43-52. CANTO XXXII, vv. 1175-201. — È questo il solo soprannaturale di cui si compiacque il De Rada, in tutti i suoi poemi : presentimenti, sogni premonitori, appari-