XXVI INTRODUZIONE rito. Nell’ accampamento vede lui pallido e lo rincora : “ _ Cosi pallido, Siface! Ne ha forse qui prigionieri il destino? “ Siface. — Quella luna dall’alto fa pallidi gli esseri viandanti quaggiù. Fu detto che ogni notte Ella irradia a processione di defunti. “ — Che pensieri son questi, o Signore, in tempi che a noi fan mestieri consigli e pronte opere seguaci?”1 Quando Siface fa un’allusione al primo amore di lei, ella risponde: “ E sia: perché tornarvi col pensiero? Quando venni alla tua reggia fortunata, solo ti recai il tempo che m’era a venire, il passato più nelle mie mani non era.”* Quando apprende dalla sua nutrice l’ostinazione di Scipione nel voler lei congiunta al marito nel suo trionfo risponde: “ Tu non piangere.... C’è ancora altra strada da prendere, e per paese lontano....” E, rimasta sola, e fattasi davanti allo specchio, si trae dal dito l’anello col veleno. “ Non rabbrividire, o mia Vita: ti uccido io, colei che più ti ama; dacché gli Dei mi ti fecero efìmera per poterti sottrarre al disonore....” * E compie, con eroica fortezza, il suicidio, conscia della bellezza del gesto che compie : “ Destino altero è questo, e non comparabile al poco che la vita ci offrirebbe in cambio in mia casa. Dimenticata col tempo che passò, e consunta da umili cure prolungate fino alla fine, ivi cesseremmo in morte come un’oscura anima che popola la terra.” Ora una calma cosi ferma e serena, anziché deprimere, rialza le anime nostre. Ed è questo che fa, della Sofonisba del De Rada, un dramma mancato : il difetto d’interesse tragico, d’emozione tragica. Dalla fine del I* atto in poi, il Poeta rinunciò a darci un dramma d’ amore; e in tutti gli altri quattro atti, sembra abbia preso l’impegno 1 A. in, so. in, p. 46. 5 A. V, BC- IV e V, pp. 70 e 72. 3 Ibidem,