INTRODUZIONE XI rare nella via presceltasi, nullo trita pede. Ed egli accettò l’impresa formidabile e si mise gagliardamente all’ opera. Nel comporre il Milosao egli non aveva dovuto durare un grande sforzo per trovare i vocaboli e le espressioni: trattandosi d’ un idillio ingenuo e primitivo, svoltosi in uno scenario agreste, né per 1’ analisi dei sentimenti, né per la rappresentazione delle circostanze esterne, il suo dialetto natio doveva rive-larglisi insufficiente. Ma ora il poeta si trovava di fronte a questo bivio: o ripetersi uggiosamente, restringendosi nella cerchia dei sentimenti e delle rappresentazioni ond’era materiato il suo primo lavoro; o allargare, con ogni potere, il lessico albanese, per rendere quel dialetto capace di esprimere tutte le facce della vita e tutte le sfumature del sentimento. Com’ era naturale, e come lo consigliava amor di patria e baldanza giovanile, allettata da uno splendido miraggio di gloria, prese la seconda strada. Per cui, tutto ciò che il De Bada compose nel decennio dopo il Milosao, fu il risultato d’ uno sforzo meno artistico che linguistico, e noi nelle poesie di questo periodo notiamo piuttosto un’ involuzione che un perfezionamento; e ciò notava il poeta stesso, critico, nella sua autobiografìa, chiaroveggente dell’ opera propria. “ Ostava al genio, — egli dice, — lo sforzo indefesso e la qualunque [ mediocre ] riuscita di ristorare la lingua albanese, logora di più corde, ed educarla alla rappresentazione dell’ ottimo vivere. ” ( II, 18-19 ) Ottimo vivere era per lui, “ vegnente da barbari ” la raffinata ed elegante vita partenopea, che ora gli si rivelava più intimamente, nella convivenza presso la nobile famiglia di cui era l’aio; convivenza che arricchì l’arte sua di motivi che altrimenti avrebbe sempre ignorato. I lavori che cadono in questo decennio, e sui quali non ci soffermeremo, furono: le Quattro Storie d’Al-