INTRODUZIONE VII Poi Scatari risorge, e la Figlia di Cologrea, già adorna il dito della gemma dei suoi Signori, di “ quei fieri cui ignota era Venezia, ” appare nel palagio, non ancora compiuto di riedificare, ov’ella entrerà sposa. Alla vigilia del giorno delle nozze, Milosao s’ effonde in un canto eh’è un salmo: ne precorre, ne antivede lo scorrere festoso, dall’ alba al tramonto ; sente stemperarsi il cuore di dolcezza, riecheggiandovi dentro, ardente ma raggentilito, il sospiro della Sposa del Cantico de’ Cantici: “ Laeva eius sub capite meo, et dexte-ra illius complexabitur me”:1 “ E quindi di domani il sole cadrà: lei nel mio letto a quest’istessa ora entrerà, dando a’ miei baci il viso, e il braccio mio le scalderà i capelli.” ( vv. 950-53 ) Ma qui un timore lo assale. Egli è ancora l’uomo primitivo, che paventa i numi gelosi della soverchia felicità degli uomini ; è Policrate che getta in mare l’anello, per procurarsi un dolore che storni dal suo capo l’invidia o la punizione divina. E si rivolge alla Vergine, pregandola di non abbandonare “ lei, rapita alle sue vicine, come di tra 1’ erbe una viola, perché odori nei palagi.” ( vv. 960-62 ) Pure, il deprecare non giova. Un altro canto solo dirà ancora la felicità di Milosao, già sposo, già padre felice.... Muore il bambino, che somigliava a lei, e muore, dopo poco, la sua dolce madre. Milosao rimane solo coi suoi ricordi____ Per quanto ancora la ricorderà? Un anno, due.... Poi tutto passa, tutto illanguidisce e dilegua, anche il ricordo, anche il rimpianto nel cuore che fu folle di lei; dove, a poco a poco, al ricordo e al rimpianto, subentra un sentimento di rancore verso la memoria dell’ estranea che mise lui in discordia con la propria madre. 1 Cani. CanticII, 6.