24 dell* historia veneta i 644 forza; con gli errori degli huomini &i rigiri della fortuna j c ciò che più facilmente tra tanti maneggi può concepirfi, che dcfcriverii, inganni, e frodi, intentioni occulte > e mezzi fegreti, con imponiate vittorie , e tentativi dannofi ; indi vedrai!! tra le rovine forgere d’improvifo la pace , e terminarli dopo vane fperanze, e tardi foccorfi la guerra non me. stato deli' no celebre, che infelice. L’Imperio de’Turchi nel corfo di imperii tur« quafi non mai interrotte vittorie, coll’ oppreilìoni de’ Principi , e con la ftrage de’ popoli è giunto a cosi fmifurata potenza , che contendendo d’ampiezza con le antiche Monarchie , foprailà con la forza a’moderni dominii ; tanto più ma-ravigliofo nell’origine, nella confervatione, e nell’incremento , quanto che fe ignobile fu il filo principio, non meno empia è la religione , e violente il governo. E quella natio-ne deftinata alla (orvitù per natura , ma refa fiera dall’ ufo, barbara , e rozza , fenza lettere, e fenza coftumi ; e per la crudeltà la direilimo nata all’efterminio del genere huma-no, fe per la libidine non fi rendeife altrettanto feconda. E pur da più di dicci fecoli Tempre aggrandendoli, porta la Sede fuperba in Coftantinopoli, (Ito, che per natura iìgno-reggia il Mar, e la Terra , preme il collo all’Europa , all’Afia & all’Africa . Tutto ciò con giufto giuditio di Dio per gaftigo de’ popoli, che fcuotendo la legge foave dello fpirito, fon fatti con»™^ {"oggetti alla dura, e più vile del fenfo . Ebrain condotto T.brain\ quafi a forza dalla carcere al folio , haveva nel mille feicento cranio- trcnta nove alÌuntò le redini dell’ Imperio, atto più tofto a diftruggerlo, che ad aggrandirlo; perche non polTedcva alcuna delle doti che pattano anche tra i Barbari per neceiì'a-rie : ftolido fenza lume , furiofo fenza intervalli, con tal miftura di crudeltà , e di timore, di prodigalità , e d’ avari-tia, che a’fuoi medefimi pareva un comporto di fenil, di coftumi, di vitii contrarii. Tra i luflì del Serraglio dato in preda alle libidini, & alle delitie, lafciava, che Muftafàpri-Mujtcfz mo Vifir dirigefle il governo. Huomo era quefti favio , Se frimtvijir• accorto . alieno dall’armi non tanto per genio, che per prudenza , mentre non ftimava bene impegnarli in imprefe , che fcuopriflero la debolezza del capo, & obligafiero lui ad allontanarli dalla Metropoli del favore, e della potenza, Te» nen-