INTRODUZIONE III ella andasse, con altre donne e fanciulle, ai duri lavori dei campi. E a quel gentile amore, di cui il De R., già vecchio, scrisse “ frutto soave d’ogni nostro giorno era il rivederci ” ( I, 16 ), si deve se egli, abbandonata la poesia italiana per sempre, inaugurò, lui primo, la poesia albanese. Venti anni, e nel cuore l’inno inebriante di quella prima passione, temperato dalla malinconia di sapere l’amata di condizione cosi dissimile dalla sua e quel loro amore senza speranza di nozze; e sul capo il cielo luminoso e d’intorno il verde della più verde regione d’Italia; e, davanti, quella pura timida fronte di vergine umile e amante, e il sorriso, e i rossori, e la “ cicatrice piccioletta ” che le “ adornava ” il volto ; e nella mente l’eco dei sospirosi versi d’amore, eh’ egli aveva raccolto da quella stessa bocca “ dolce-ridente ; ” e il pensiero che solo in quel medesimo linguaggio, con quelle parole e in quel ritmo, la chiusa ardenza del suo cuore avrebbe trovato la via dell’ altro ; fecero si che la sua lingua, per se stessa mossa, modulasse il primo di quei brevi canti, in cui tutte “ depose ” le venture di quel primo amore, divenuto poi la trama tenue e delicata del Milosao. Nel dicembre del 1834 il De Rada era a Napoli, per studiar legge, secondo il volere paterno. Ma a quegli studi assisteva tacito, immoto, con la coscienza della sua inettitudine. Fu introdotto nella scuola del Puoti, ma la lasciò subito, non sapendo piegare il suo ingegno “ a spender vita a caccia di frasi de’ Fatti d'Enea ” (I, 18). Andò da un maestro di declamazione, il Bi-dera ;1 ma non riuscì a trasfondere un calore che non sentiva nella recitazione d’ un sonetto del Petrarca. Allora egli, ribelle al Puoti, ribelle all’imitazione 1 Questo Bidera ( Giov. Eman. ), albanese di Sicilia, librettista, pel Do-nizetti, della Gemina di Vergy e del Marin Baliero, fu anche maestro di declamazione del De Sanctis, che dice di lui avergli “ appiccicato un po’ d’ enfasi stridente e piagnucolosa.” Cfr. De Sanctis, La Giovinezza, pp. 117 e 274. ( Napoli, Morano, 1889 ).