INTRODUZIONE v dell’ autore, d’iniziare, con esso, la letteratura albanese. Beninteso, l’idea di riunire e disporre quei canti in cotesta cornice, e di farne i capitoli di un romanzo, non venne al Poeta che après coup, quando il meglio di essi era stato composto da lui, sotto l’ispirazione immediata e diretta del suo primo amore. Il I canto del poemetto è un Pervigilium Veneris. Il poeta adolescente entra sereno e fiducioso nella giovinezza e aspetta il miracolo d’amore, cui tutto il suo essere è preparato. Dal Collegio, donde è uscito pur ora, egli intravedeva la natura con occhio innanzi a cui ondeggiavano le immagini della bellezza antica, balzate di su le carte dei poeti. Ora ch’egli si trova nella calda atmosfera della famiglia, libero, nella serena primavera della sua vita e in una lussureggiante primavera della natura, quell’ ordine di pensieri, quelle immagini letterarie non lo abbandonano d’ un tratto, e solo gli si colorano d’ una sfumatura tra romantica e sensuale. Vede una quercia, e pensa al virgiliano sae-culn vincit; si posa una colomba sulla sua finestra, e il pensiero gli vola a quella che Anacreonte aveva comprato da Citerea per una piccola canzone. E cosi, rampollando pensiero da pensiero, immagine da immagine, dalla visione luminosa e suggestiva del paesaggio ci conduce il poeta nell’intimo dell’anima sua, pervasa della stessa gioia che “ prova in letto la tepida fanciulla che s’avvede del sen che le fiorisce” (vv. 28-29) e ci prepara e ci fa indovinare il seguito: cras amet qui namquam amavit. Nel II canto è l’Apparizione ( vv. 39-60 ) ; nel VII è il primo grido della passione fattasi robusta (vv. 87-197). E nel successivo, il giovinetto affronta il pensiero eh’ è l’amarezza del suo cuore; lui è il “bianco figliuolo di signore,” lei.... Ma che importa? Il sogno è troppo bello per infrangerlo — e poi: trahit sua quemque voluptas....