30b I MONUMENTI VENETI DELL’lSOLA DI CRETA inquadrature entro cui sono contenuti) vengono rilevate a stucco, ed impresse a stampo di piccoli ornati. Abbiamo esempi di pitture lasciate incompiute o appena sbozzate. Nè mancano, accanto alle maggiori concezioni ed alle figure di grandezza naturale, delle minutissime scene dipinte in qualche riparto speciale delle chiese (1). Della tecnica pittorica cretese ci tramanda qualche caratteristica il monaco Dionigio da Furnà, autore del celebre manuale del Monte Athos (2). Ma, mentre da un lato quelle osservazioni sono superficiali e non entrano nello spirito essenziale dell’arte, evidentemente esse riguardano soltanto le iconi dipinte su tavola e si riferiscono già alla più tarda scuola pittorica cretese. A ripensare quanto intimi fossero i legami che stringevano Creta a Venezia, quanto frequente ed intenso lo scambio di prodotti fra le due terre, quanto sensibile l’influenza esercitata dall’ una sull’altra in tutte le manifestazioni dello spirito, compresa la letteratura e gli altri rami dell’arte, riesce quasi inconcepibile come, invece, nel campo della pittura nessuna delle produzioni dell’ isola accenni ad ispirazione attinta a quell’arte italiana, che pur sì largamente seppe in quei secoli esercitare la propria azione sulle altre regioni elleniche, quand’anche meno legate a lei ed assai più lontane. Se al primo loro metter piede nell’ isola i coloni veneziani non portarono seco dalla madre patria la coscienza di un’arte che a Venezia non solo non aveva ancora cominciato a svilupparsi, ma si teneva stretta tuttavia alla sudditanza bizantina, e se fu naturale quindi che essi cedessero alle attrattive della pittura indigena, già fiorentemente cresciuta e non ancora fossilizzata allora di concetti e di forme ; non altrettanto spiegabile sembra, come mai nell’epoca del (!) Minuscole e minutissime sono le scenette di- aov otuùj-* pi-e SixPav PaSéav xai òXiyo ¡xaùpo x-ù mXXa. pinte nella volta della chiesa degli Ognissanti al òiiyo y!xaì npónXave a’jrà xai a./ot£ov fis piaupo ó£ù castello di Sfachià ; abbozzate in nero ed in giallo xaì fìàXe Ter ffOvafisr tùv ò^aX^riv xaì tst xópsr fis àpio le piccole, ma gustose rappresentazioni di S. Maria fiaOpo- ina paXe xai blifiìt &%pav xoi xtvvàpapiv uè di Vatès (Milopotamo) ; assai picciole e fini le figure Stàxptcrtv và ¡i!i févri -ri aàpxa xirfivn, hXXà và riviri ianpa- di S. Giovanni a Kjisòs (S. Baseio) ; ristrettissimi xóxxivt) xaì aàpxamv |wvov npóaexz vi p-fi nr rà irpó- pure i quadretti, ora quasi irriconoscibili, incorni- cruna lu? ?£u, àXXd .fióvov li? zà Staé/.ia và PaX-p? t-ìiv ciati sui muri della chiesuola di S. Maria a Kata- adpxa ¡is bXiyo JiirTup.«' eira pàXs 6J.ifo» àcnTpóTspmv aàpxa Ijòne (Sitia); una vera miniatura l’imagine di S. Gior- si? tè? JGvapus- xaì tè? t|upu^ts7 Xsjrxi?. ‘Ofioi«? cràpxovs gio, disegnata sulla parete meridionale dell'omonima xaì tò xspt* xh tò izoSipia. Tà Sé fiaXXia tùv vsuv «oìdctov chiesuola di Lutràkji (Sitia) ; e non meno notevole oùtu~ irpàirXaSs a’nà ¡is ¡laupojù xaì Svoi^s (iè fiaOpo xai la finissima e strana pittura del 1560, raffigurante À'ZfxaiTi^s (xs 7rpo7r?.aafióv, xai pàvovTa? xai fiXiyiiv aipxa, y:- un morto disteso sul cataletto, nell'oratorio dei Sa- p.0^t£e rè? Suvafiss* • rà fts ixaXJUa xai ^éveia tùv r®póvTwv lamon, a S. Giorgio di Vòila (Sitia). Xa[X[iàTi£e fxè Xtvòv ércàvo) róv 7rp07rXaapióv xaì a'jxà (2) IIùs và ìo\Aeutis‘ xpTiTixà. — Tò piv ttopépara mir.aov ¡is Xbtztìt (D. de Fourna : Manuel d’ iconogra- ouTur- izpimXanov a'jTÒ. paìia xai àvoi£ov xaì J.a(i(iàTitxov phie chrétienne. S. Petersbourg, 1900, pag. 34). aùTà Suo Tpia Xà.ufixra, eira i|/tfiuSi