B. Le abitazioni private. X. LE CITTÀ. a. CANDIA. Il decoro edilizio della capitale del Regno, cui era inevitabilmente collegato anche il prestigio morale dello stesso governo, richiamò più volte le cure della Dominante, ogni qual volta l’iniziativa privata parve non tutelare sufficentemente questo aspetto del viver civile (1). Sopra tutto nei primi tempi della signoria veneta, allorquando l’abitudine di sostituire alle vecchie capanne di legno o di terra, delle case più solidamente e decentemente costruite in muratura tardava a prender piedi nelle tradizioni edilizie della città, la Serenissima non mancò colle proprie leggi di contribuire alla più larga applicazione di quei nuovi precetti, specialmente nelle vie princi- (l) Per quanto concerne la pulizia delle strade di Candia, è interessante leggere le dettagliate disposizioni che vennero prese in proposito fin dal 1360 (J. Jegerlehner, Beiträge zur Verwaltungsgeschickt e Kandias in 14 Jahrhundert in Byzantinische Zeitschrift, XIII, 3-4, Leipzig, 1904, pag. 459 segg.) e rinnovate poi nel 1407 (H. Noiret, Documents cit., pag. 175). Ma che tali ordini rimanessero lettera morta risulta evidente sia dalla necessità della loro rinnovazione, sia da quanto sulla sporcizia di Candia ci è riportato da varie fonti. Basti per tutte una testimonianza della fine di quel secolo XV : < Imntundi tenent Candiam civitatem in tantum quod abominabile est videre. Omnem namque dornorum immunditiam effundunt in publicos vicos ante aedes Humana stercora ; non enim habeni in dotnibus cloacas, sed egestas in ollas projiciunt in publicum, sicul cadavera animaliutn, canes mortuos et cattos ; et quecumque in domibus non possunt sustinere, per fenestram in vicos projiciunt ante suas fores, nec est qui deportet ; et nisi sol suo fervore statini humi-ditas consumaret, nemo posset tolerare foetorem. Adeo attieni augmentatae suni immunditiae, quod terra super postes inferiores ostiorum excrevil, ila quod iam in domos est descensus per duos vel tres gradus >. E la colpa di tutto ciò spetterebbe proprio ai magistrati veneziani, « qui non cu rant de pulchritudine vicormn » (F. Fabri, Evagatorium cit., Ili, 284). — Vedasi del resto le altre testimonianze da noi già riportate in vol. I, pag. 13 segg.