LIBRO DECIMO. 527 lafciate due galee in porto di Candia, e difpofte le navi in più fquadre a fcorrere tutti quei mari, fi portò a Suda con venticinque galee, e fei galeazze, e poi a Grabufe, fperan- xjG"i/r*i do col favore del fopravento da quel luogo poter opporfi più ««■'/>» facilmente al continuo paffar de’nemici .. Ciò non ottante Caplan Capitan Bafsà, lafciati a Scio trenta vafcelli, & alcu-ne galee più fiacche , con altre quarantafei pafsò in Canea ^ mtrc . e sbarcatovi frettoiofamente quanto teneva, fi riconduife in Arcipelago a diftruggere T Ifole, per levar a Candia la piinci-pal fuffiitenza. Saccheggiò dunque Paris, afportando huomì-ni, c robe ; e l’laverebbe affatto diftrutta , come pure voleva fare di Milo, e di alcun altra, fe il timor di effere fo-' prafatto da’ Veneti non 1’ haveffe follecitato ad allontanarfi « Nel principio dell’anno corrente , i Tartari per provvedere Tarmata Turcheica di remiganti, fattaincurfione in Polonia, havevan* afportato di Ruilia gran numero di quella mifera gente nata alla fervitù, & a ludibrio di quei fieriifimi barbari, La fama ingrandendo Je forze, & alterando i fatti, fparfetanto fpavento in tutto quel Regno, eh’effendofiavanzati i Tartari fin quafi a Leopoli, e publicandofi, che li fc-guitavano poderofe fquadre di Turchi, crederono i Polacchi imminente un’ invafione degli Ottomani, e deliberarono, partecipandolo a Principi, di chieder ajuti. Il Re Cafimiro pertanto incaricò al Palatino di Lancicia, che fi trovava in Italia , di portarfi fpeditamente con fue credentiali a Venetia, e ricercar la Republica d’accomunar con quel Regno i foc-corfi, e i configli. Ma il Senato, fattogli comprendere, a Candia fovraftare i più veri, e travaglioli attacchi degli Ottomani , efortò vivamente il Rè , e quella bellicosa natione a fcuoterfi dal timore, e mentre ftavan i Turchi occupati nel mare, dar loro tal colpo coll’armi proprie , e de’Cofacchi obbedienti, che deprimeffe T orgoglio de* barbari, e redimef-fe la felicità de’ Chriftiani. Ma la Polonia non più curando di quello, che crede, ò che teme, ceffata la fama, e conia fama fvanito il pericolo, lafciò cader il penfiero. Più grave cura occupò gli animi per il lagrimabile cafo accaduto a Ra- J gufa, dove la mattina de’fei d’Aprile, giorno del mercordì Santo, il terremoto feoffe così fieramente la Città, e tutta **'• la