XII. — LA CONQUISTA DI ATENE s’era esercitata invano la pressione del provveditore di Zarnata, Nicolò Polani. La fuga del seraschiere decise della resa; ma una epidemia di peste nella piazza aveva costretto il provveditore straordinario per la Morea, nobile Ben-zon a rimandare la occupazione. I turchi, disarmati ed isolati, furono lasciati soli a consumar-visi nel loro morbo; guardati dall’esterno da uno speciale presidio. Essi approfittarono di questo stato di cose per tentar di congiurfgersi e di portar soccorsi a quelli di Malvasia che resistevano ostinatamente alt’ accerchiamento. Morosini, messo al corrente di quanto ai tramava ai danni dei veneti dai suoi confidenti in Costantinopoli, considerato che l’epidemia s’era esaurita completamente, ordinò a Benzon di entrare con un presidio veneto nella fortezza. Un tentativo di opposizione all’esecuzione del comando, provocò nuovi ordini più severi. I turchi di Misitra e di Burdugni imbarcati a forza vennero trasferiti in catene sullo scoglio di Tolon. Ivi li raggiunse la condanna della consulta per fellonia. Divisi gli uomini dalle donne e dai bambini questi vennero barattati con altrettanti ostaggi cristiani tradotti sui campi di Tebe dal seraschiere; i primi furono ripartiti a schiere di dieci sulle galere e sulle galeazze che si trovarono ad esser vogate da trecento venti sei remiganti ognuna « il più vigoroso aggregato « che mai più, in genere di schiavi, s’abbi go- 253