M O R O S I N I umili. Folle senza numero scivolavano, garrule efl impazienti, verso le fondamente che cingono il bacino di San Marco; processioni di barche di ogni specie scivolavano, a loro volta, snodandosi rumorosamente lungo i canali, verso il bacino medesimo. Sulle tolde delle navi, ingombre di mercanzia, sui casseri tozzi, gli equipaggi ostentavano la più ricca varietà di costumi che si potesse immaginare : sudditi della Dominante ed ospiti, dalmati, albanesi, greci, asiatici di Smirne e del Mar Nero, mongoli, libici, tunisini, algerini, partecipavano alla ridda di colori che si specchiavano nell’acque algide sotto un cielo di perla annuvolata, solcato da voli bigi di gabbiani rauchi e famèlici. Si udivano rombi lontani e vicini di artiglierie, scopili secchi di mortai, scariche di fucileria, mentre le campane di tutte le parrocchie già incominciavano a suonare a distesa e le milizie metropolitane in ordinanze serrate raggiungevano i posti da più giorni designati. La curiosità e la gioia del popolo passavano frettolose per le calli strette e umide, impazienti di inserirsi nel grande e barocco apparato ufficiale di una vasta e macchinosa scenografia di circostanza. Tra il popolo sgusciavano, avviandosi al Palazzo ed al Molo di Piazzetta, pomposi negli abiti di cerimonia, i patrizi investiti di magistrature ma sprovvisti di gondole. Tricorni, parrucche, toghe, mantelli e spade punteg- 3