M O R O S I N I le testimonianze di ammirata gratitudine non gli erano certo mancate; ultima, nell’aprile dell’an-no prima, alla morte del Serenissimo Giustinian, la corona dogale. « Date la corona a chi vi ha donato un regno » aveva suggerito il popolo con spontaneo impeto, alludendo alla recente occupazione della Morea; e la votazione unanime dei quarantuno l’aveva consacrato Doge. Ma al vegliardo in armi, al Peloponnesiaco vittorioso contro il turco sui mari del Levante, erano arrivati sempre e soltanto gli echi del compiacimento ufficiale; ora il grido commosso della folla gli avrebbe rivelata ben diversamente la misura dell’affetto e della venerazione dei veneziani. II Tornare non gli era stato agevole. All’epoca della sua elezione al trono, Morosini mancava da Venezia da circa quattro anni e mezzo, e la fatica della lunga sequela di battaglie combattute, alle quali aveva partecipato, talora, gettandosi di persona nel folto della mischia, e i disagi per sì grande tempo patiti in un’età sfiorante già la tarda vecchiezza, ne avevano scossa profondamente la fibra e indebolita la resistenza; rendendolo quasi sempre sofferente, spesso malato. Sul finire dell’87 aveva conquistato Atene. Già rassegnato a terminare i suoi giorni sul ponte 12