I. — L’INCORONAZIONE « della Serenissima patria », ha voluto il Senato, in contrassegno sincero del suo contento, « mandarci a testimoniarne l’allegrezza ». L’oratore era lieto che la tarda età gli avesse procurato il privilegio invidiato di esprimere colla sua viva voce « il pubblico affettuoso sentimento » e di paragonare la « impaziente brama universale di rivedere il gloriosissimo aspetto » del Doge alPimmenso piacere che può ricevere un figlio, dopo lunga assenza, « dalla comparsa di benemerito ed amatissimo padre ». E, commovendosi, così concludeva non senza sacrificare alla moda della rettorica secentesca: «Venga « dunque la Serenità Vostra alla patria e al poste sesso del trono giustamente riserbato al me-« rito di tante sue fruttuose fatiche; il suo sog-« giorno sarà il riso e l’allegrezza di tutti, come « la presenza del sole è la delizia e la salute del « mondo; perchè, se Vostra Serenità potè, con « la savia condotta dell’armi, rimettere nel diate dema regale della Repubblica gli usurpati diate manti, egualmente saprà con la sua prudenza « maggiormente illuminarli, e far più profonda tt in ogni condizione di persone la disposizione « ed il debito di desiderarle dal cielo, con i voti tt più ardenti, serie d’anni così lunga quanto è « immortale il suo nome, e quanto è senza fine « la sua gloria ». Pronunziate poche parole di ringraziamento, Francesco Morosini si alzò, scambiò frasi di af- 21