VI. — IL PRIMO PROCESSO « Banca, per non essere una sottoscritta, volevo « farla ardere, ma non mi è valso. S’è letta in « Senato... Vi sono anco delle colpe ridicole. « Il maggior peso consiste nel negotio del pane, « et del vino, et ogni altro vivere; poche com-« parse di soldi, ma bensì d’habiti, scarpe, et « altro et in fondo certa missione della Cifra « pubblica mandata da Gremonvile al Visire, « con intelligenza suposta ». Il Contarmi che così scriveva era un parente del doge regnante succeduto al Pesaro; il Gremonville di cui parlava era il comandante delle truppe veneziane in Candia, ottimo servitore in ogni circostanza, il quale d’accordo con il Morosini avrebbe dovuto simulare, per dividerla con il Morosini, l’invio di una forte somma a Cusseim pascià per corromperlo e indurlo a trattative di pace! L’inquisitore Dandolo, malgrado l’evidente assurdo della macchinazione, sostenne la necessità di procedere per tutti i capi di accusa, ed il Senato approvò. Sceso a terra, Morosini si presentò in udienza di congedo dal Doge Domenico Contarini e in Collegio riferì sulla propria opera. Ricordando che aveva trascorso ben ventitré anni di sua vita sulle navi, in guerra, si dolse della fortuna sempre contraria ai suoi disegni e finì col dichiarare che aveva presentato i libri dei conti della sua gestione di comandante ai competenti magistrati. Il Doge lo accolse freddamente e più fredda-- 97-- Morosini 7