XVI. — LE ULTIME GESTA E LA MORTE grande dietro il quale quattro sergenti maggiori di battaglia e quattro capi da mar portavano a braccia la bara coperta di velluto cremisi e guardata ai lati dagli alabardieri del Doge. Un altro ampio intervallo : e il corteo riprendeva costellato di armi, di ori, di stoffe preziose e di insegne a lutto: il provveditor generale Corner, il nipote Michele Morosini, i nobili e i cavalieri della corte, i capi di mare, i cavalli del morto bardati di nero; sei pezzi di cannone; un reggimento di fanteria con armi basse; un altro reggimento con altri sei cannoni. Entrato il corteo in chiesa, questi ultimi furono disposti davanti la porta e le milizie formarono, alla loro volta, ampi quadrati. Dinnanzi al cuore di Morosini il barnabita padre Anacleto Catellani che aveva assistito il Doge negli estremi momenti, pronunziò una orazione funebre; le esequie furono accompagnate dal rombo delle salve di artiglieria delle batterie da terra e dei cannoni delle navi che incrociavano in porto con gii equipaggi di servizio sulle tolde. Il cielo era di un grigio fosco; cadevano rade gocce di pioggia. Ma lacrime fitte e silenziose rigavano i volti di migliaia di veterani induriti nelle più selvagge arti di una lunghissima guerra; inteneriti e straziati dinanzi alla salma del condottiero beneamato che se ne andava, chiamato da Dio, nel riposo eterno dopo oltre cinquantanni di fatiche senza tregua. 335