M O R O S I N I con quattrocento ufficiali i veneziani i quali erano riusciti ad allargare qua e là il cerchio degli assedianti. L’incessante e terribile tuono delle artiglierie, il grandinar dei proiettili a che squarciavano le muraglie e fracassavano i tetti », il fuoco delle controbatterie, il reciproco lancio delle bombe e dei sassi, l’accanita azione dei guastatori che disfacevano le trincee composero per sei mesi ininterrottamente una cornice diabolica all’urto delle fanterie. « Poste in uso le opere sotterranee non si può dire con quale fierezza d’ambo le parti si incrudelisse, ora volando semi arsi gli uomini in aria, ora vivi restandovi sepolti, imperocché riempiendovi di polvere le cave e dandone fuoco, con grande elevazione di terreno e non minor scuotimento scoppiando, distruggevano tutto. Nelle gallerie o per guadagnare i rami o per contendere al nemico i progressi, ad ogni ora si incontravano i soldati combattendo al buio e nell’orrore di questi oscuri recessi, e in particolare con le granate, ed anco con le mani quando l’angustia dei luoghi non permetteva altro uso dell’armi. I turchi però affondavano sin sotto ai lavori dei veneti e questi s’invisceravano tanto che con la fatica procuravano deludere l’arte e bene spesso accadeva che penetrando gli uni più basso facevano volar quei che nell’istesso tempo pensavano distruggere chi soprastava. Si confondevano pertanto in comune sepolcro le membra lacere ed i ca- 106