X. — LA GUERRA DELLA MORE A anticamente schiudevasi il porto di Argo, ad anfiteatro su di una montagna scoscesa, pittoresca e ridente, era caduta già nel 1225 nelle mani dei veneziani. Perdutala poco dopo, essi l’avevano riacquistata a prezzo di molto denaro, nel 1383, e tenuta fino al 1539 nonostante ripetuti e pervicaci assedi dei turchi, tra i quali era rimasto epico quello del 1460 condotto da Maometto II in persona. Memore di cotesto passato, e deciso a far di Nauplia la base per le venture campagne, Morosini impiegò l’inverno tra ¡1 # e il ’67 a fortificarla così dalla parte di terra come sul fronte a mare. Opere formidabili, lunghe gallerie sotterranee, batterie possenti, tre ordini di trinceramenti l’uno sovrapposto all’altro, l’uno all’altro collegato da una monumentale gradinata tagliata nella roccia, suscitavano al termine dei lavori l’ammirazione del generale di Koenigsmark recatosi a visitarle insieme al capitano generale. Sulla soglia della primavera, quando si stava per riprendere le operazioni, scoppiò la peste nell’armata. Morosini salpò tosto dalla capitale della Morea, e ¿>i portò a Zante per una rigorosa contumacia in attesa che le misure igieniche adottate dessero i loro frutti. Appena constatato l’esaurimento, almeno temporaneo, dell’epidemia, in poche ore di viaggio si trasferì da porto Tolon in vista di Patrasso, costruita su di una collina a poca distanza da Lepanto nel golfo 229