X. — LA GUERRA DELLA MOREA strò insufficiente a sgretolare la roccia dura e compatta lungo la quale gli assalitori avrebbero dovuto arrampicarsi. Mentre questo accadeva, il 28 di luglio, le truppe campali ottomane, vincendo la resistenza delle coperture avversarie, si precipitavano sui trinceramenti veneziani e qualcuno ne espugnavano. Accesasi una zuffa accanita, le truppe oltremarine della Dominante, quelle maltesi e i dragoni tedeschi, in capo a tre ore di combattimento avevano ragione del nemico che si dava alla fuga lasciando sul terreno trecento morti, grande numero di feriti e diciassette bandiere. Cento e trenta teste recise, alzate sulle picche, costituirono « un orrendo spettacolo » e un terrificante monito per il presidio della fortezza. Anche nelle file veneziane s’eran dovute deplorare perdite notevoli; tra gli altri era morto lo stesso comandante dei maltesi, commendatore La Tour « soggetto di accreditata e-sperienza, di prudente e pesato consiglio, di coraggioso spirito ». L’esito di questa giornata, le avversità incontrate nelle successive per la ripresa degli approcci, diminuirono il coraggio e l’impeto degli assediami, e in particolare di taluno dei loro capi. Il generale di San Paolo ch’era succeduto al conte di Strassoldo raffigurandosi le difficoltà da superare molto maggiori di quel che in realtà non fossero, propose addirittura l’abbandono della impresa. Il Morosini lo rianimò; rianimò le truppe e formato un corpo 215