M O R O S 1 N I alta dopo quella del Doge, di Procuratore di San Marco, con significato tanto maggiore poiché essendo coperti tutti i posti di Procuratore, se n’era dovuto creare uno soprannumerario per lui. Immediatamente si affermò, e l’affermazione fu ripetuta in giro, ch’egli meglio avrebbe provveduto al suo decoro, data la situazione di fatto, rinunziando alla carica piuttosto che inse-diandovisi col solenne cerimoniale d’uso, mentre era questione di sapere e di vedere se non fosse addirittura reo di tradimento, di peculato, di viltà, di corruzione, ecc. Morosini non si lasciò fiaccare; affrontò con tranquilla coscienza questi attacchi di imbelli; non rinunziò affatto alla dignità di Procuratore; anzi vi fece il suo ingresso rituale con ostentata pompa ai ventuno di aprile del 1670 facendo pavesare il suo palazzo e tutta la parrocchia di Santo Stefano, recandosi in processione, con la toga rossa, dalle Mercerie in Palazzo a render omaggio al Doge e a riceverne la simbolica chiave di accesso alle stanze delle « Procuratie Nuovissime », distribuendo denaro al popolo e ricevendo l’ossequio degli amici nelle sue stanze; poi, lungi dal rispondere agli anonimi o dall’occuparsi della vociferazione di corridoio si tenne pago delle approvazioni e delle lodi del Senato all’opera sua, aspettando gli eventi. Questa calma non disarmò gli avversari del Morosini, le file dei quali si ingrossarono di numerosissimi 148