M O R O S I N I pubblica non poteva scegliere nessuno che lo meritasse dippiù » ma in corso di conversazione mostrò di preoccuparsi per il fatto che la assunzione al trono avrebbe distolto il Morosini dall’armata. Saputo che il capitano generale non sarebbe rientrato alla capitale, la soddisfazione di Luigi XIV non ebbe limiti. II Il Senato, infatti, compiutasi l’elezione al trono di Francesco Morosini, aveva giudicato indispensabile ch’egli continuasse nella direzione delle armi, ed affidata, prò tempore, la custodia del Palazzo a due consiglieri e a un « capo di quaranta » per turno. Gerolamo Grimani e Lorenzo Dona vennero insigniti della carica di consiglieri di Sua Serenità, col quale, e con il provveditore dell’armata, avrebbero formato la consulta deliberativa. Al Doge sarebbero stati corrisposti, oltre a quelli di capitano generale, anche gli emolumenti che gli spettavano in residenza per la sua eminente dignità. Il segretario del Senato, Giuseppe Zuccato, fu spedito in Levante, con il berrettone dogale e con la lettera ufficiale di annunzio della proclamazione. « Noi ch’esperimentiamo vivo contento di ve-« derla collocata nel posto e nella dignità ch’era « ben dovuta alle sue eminenti virtù, scrivevano 270