VII. — LA RESA DI CANDIA Morosini sostò qualche giorno a Standia ove fu raggiunto da due messi del gran visir per presentargli una certa quantità di doni e per assicurar- lo che la pace sarebbe stata osservata dalla Turchia, e resa duratura, con sentimento di amicizia. La tragedia di Candia era finita. Riassunta in poche indicazioni essa significava la morte di almeno duecentomila combattenti, lo sperpero di immensi tesori, lo sforzo offensivo di cinquan-tanove batterie di cannoni d’ogni calibro, cin-quantasei assalti, quarantacinque combattimenti sotterranei, oltre milleseicento esplosioni di mine, novantasei sortite, la costruzione di una anticittà, di una Candia nuova dalla parte turca, in opposizione alla vecchia dei veneziani cinta dei bastioni del Sanmichieli, entro la quale venivano fusi i cannoni per l’assedio. Eppure le sorti della lunga contesa avrebbero potuto volgere molto diversamente se fin dal principio la Repubblica avesse provveduto a tramutare sollecitamente in offesa la difesa in terra con la stessa intrepidità, energia e larghezza di mezzi con cui fin dal principio favorì le azioni dell’armata, inviando cioè adeguati rinforzi al presidio, operando sbarchi diversivi, cercando di addivenire al più presto con un numeroso e ben munito esercito ad una risoluzione in campo aperto del conflitto; risoluzione troppo tardi in-travvista come l’unica salvezza dal Morosini (che s’era probabilmente accorto essere i turchi 143