M O R O S I N I tato al rischio, forte di carattere e fisicamente gagliardo, lo starsene in condizioni di sommessa ubbidienza chissà per quanto tempo, nel breve palazzotto senza sorrisi, dove si pigiavano tre generazioni, non corrispondeva affatto alle sue inquiete aspirazioni. Chiese adunque di raggiungere l’armata come nobile di galera e gli fu accordato. Non era, per così dire, ancora partito, che già si scontrava col nemico; Pietro Badoer avendolo portato in una battaglia generale dell’agosto del 1638 sferrata da Marin Cappello in vista di Yallona contro una flotta algerina, a dar di cozzo su alcune navi barbaresche e a vincerle. Ili Lasciar Venezia, in quel tempo, a ventanni, per avviarsi alla dura disciplina delle armi e del mare, non era certo piccolo sacrificio neppur per uomini di ferma volontà e di freddo ardire. Francesco Morosini rinunciava non solo agli agi e al fasto della sua famiglia, ma anche alla facile piacevolezza della complessa e ardente vita della capitale, andandonsene in una stagione in cui seduzioni ed incanti di ogni specie, dalla garrula esistenza sull’acqua alle notturne feste nei giardini dei palazzi, negli orti insulari e nelle ville poco discoste dai margini selvosi del- 36