XV. — LA PARTENZA PER LA MORTE da Venezia per muovere alla conquista di Costantinopoli, non già tenendo in mano il bastone di capitano, ma una croce, non già in atto di comando e servito da gente militare armata, ma in atto di pietà. Talune voci sparse su cotesto argomento vennero, riferite a Morosini che si limitò a dichiarare di essersi vestito secondo le deliberazioni del Senato da capitan generale con le insegne e che nelle insegne era compreso il bastone. L’imbarco non avvenne, tuttavia, a causa del cattivo tempo, quel giorno, ma la mattina del 26. Rinnovata la processione lungo la piazzetta, il Doge entrò nel Bucintoro mentre i cannoni sparavano a salve e le voci di osanna si mescevano al salmodiare delle preghiere. Le rive, i ponti, le finestre, i tetti, dalla Zecca fino al Castello, formicolavano paurosamente di spettatori ;in acqua, dalla dogana per San Giorgio fino al Lido una parata ininterrotta di galere, navi, fuste, brigantini, feluche peote arboravano bandiere, fiamme, gagliardetti col leone di San Marco, arazzi e stoffe preziose. Otto galere in ordinanza venute appositamente a Venezia facevano ala al Bucintoro, mentre ogni spiazzo libero era immediatamente occupato dalle gondole patrizie con dame e cavalieri ed ospiti stranieri. Il sole comparso di tra le nubi sfolgorò quell’orgia di colori mentre la nave dogale recante a bordo Francesco Morosini e i senatori 315