IV. — MORO SI NI E MOCENIGO indipendentemente dal grado e dalla giovane età, al godimento di « tutti li carichi et honori soliti a darsi dal Maggior Consiglio e dal Senato ». Così Francesco Morosini, che la notte dopo la battaglia era andato solo ad impossessarsi della nave ammiraglia abbandonata dai turchi, si trovava alla pari con Lazzaro Mocenigo « ventu-rìere » e governatore straordinario di galeazza, di fronte a tutte le possibili elezioni alle cariche maggiori che gli potessero spettare. Egli aveva avuto, forse, il presentimento di tutto questo, quando, approfittando della circostanza che l’inizio del combattimento delle galeazze era avvenuto lungi dal grosso della flotta, s’era deciso a riferirne direttamente al Senato mettendo bene in vista che la flotta del capitano generale lo aveva raggiunto « dopo ribattuti li nemici », dopo che questi avevano preso « con scherno e ignominia la fuga », e concludendo coll’avver-tire che col suo rapporto non intendeva accampare « altro merito che quello di un’intera personale obbedienza ». Alle quali proteste il Senato rispondeva promettendogli « le più vive retribuzioni della munificenza pubblica ». Il disagio suscitato dalla piccola coda burocratica di una gesta gloriosa, ebbe presto conseguenze inaspettate. Nella sua qualità di capitano delle galeazze, Francesco Morosini prendeva parte di diritto alla Consulta del capitano generale. Nelle riunioni dell’alto consesso egli non 71