M O R O S I N 1 dippiù con restrizioni, o sottili accorgimenti, la incolumità e il funzionamento dei vecchi ordinamenti che pur si appalesavano inadatti ai nuovi bisogni, a questo si accinsero, e questo ottennero restituendo, per esempio, un momentaneo splendore alla magistratura del Consiglio dei Dieci che si trovava allora in condizioni tali di disagio dinnanzi all’opinione pubblica da essere non solo poco ambita, ma addirittura disertata dai patrizi. Mentre Venezia badava a sanare, in un raccoglimento esasperato, le sue ferite, la minaccia turca rifolgorava sull’Europa. Improvvisamente nel luglio del 1683 le corti d’Europa eran colpite dall’annunzio inatteso che gli eserciti del sultano, già innanzi mossi in aiuto dell’Ungheria insorta, rovesciate tutte le resistenza di quelli dell’imperatore Leopoldo, comandati dal duca Carlo di Lorena, avevano posto, con celerità fulminea, l’assedio a Vienna. Centocinquantamila uomini tentavano così di traboccare di qua del Danubio. Con quali mete precise? Questo accrescersi pauroso della potenza turca, questo pericolo maomettano che oscurava l’orizzonte non soltanto dal mare o sui confini della Dalmazia ma anche dal nord, ebbe la virtù di commovere nuovamente l’animo del Senato, e quello dei cittadini. Si potevano chiudere gli occhi — per amor di pace — ai casi dell’Europa e d’Italia in quanto tali, ma allorché attraverso le mosse 188