M O R O S I N I poi trascinato fuori dalla prigione, per impeto di popolo presago, Vettor Pisani subito dopo vincitore dei genovesi a Chioggia, l’amarezza sua non dovette esser poca, tanto più che l’accusa che ancora reggeva contro di lui era, oramai, di carattere puramente amministrativo. Confermatogli il mandato dell’inchiesta dopo il voto del Gran Consiglio che aveva eliminata la intromissione proposta da Antonio Correr, lo inquisitore Erizzo si era messo strenuamente all’opera; esclusa a priori ogni accusa per la conclusione della pace col turco, aveva diviso il suo lavoro in due parti; una delle quali rivolta a stabilire le responsabilità militari; l’altra la responsabilità nel maneggio del denaro. Sulle responsabilità militari nulla fu trovato a ridire. Tutti i testimoni interpellati, numerosissimi, di grado e di estrazione diversa, di diversa nazionalità concordarono nell’affermare che Candia era stata difesa fino all’estremo limite del possibile, che i difensori non erano mai venuti meno nè in coraggio nè in costanza nè in sacrificio, e che la piazza il giorno in cui fu ceduta al nemico trovavasi quasi in « procinto di opprimere colle sue rovine i pochi avanzi del benemerito presidio ». Quanto alle responsabilità nel maneggio del denaro, l’Erizzo giunse ad accertare che le contabilità del periodo di temjjo corrispondente al comando di Morosini, erano state viziate. 180