X. — LA GUERRA DELLA MORE A sbarcarne gli uomini validi alle armi lasciando così le acque dell’Acipelago in sicura padronanza dell’armata cristiana. Il 3 di settembre, affidata la piazza e la eventuale difesa di Coron al neo governatore dei condannati Bragadin con un presidio rinforzato da quattro galere, Francesco Morosini si trasferì con tutta l’armata alle rive della Maina, d.rve aiutato da un suo fedele emissario, il prete greco Paolo Macri, organizzò un corpo armato di tremila indigeni, e approfittando dell’arrivo di un convoglio di rinforzi sassoni, decise di offrire il più presto possibile, battaglia alle milizie turche ch’erano andate in quei giorni concentrandosi da diverse parti in un unico corpo di circa diecimila uomini. Poco contento del generale San Polo, dimostratosi irresoluto e restìo al combattimento, Francesco Morosini approfittò di una malattia di lui per autorizzarlo a rimpatriare. Al suo posto, essendo morto intanto, di ferite, il valorosissimo sergente generale di battaglia de Jouis, ottenne che restasse il generale barone Annibaie di Deghenfeldt, ottimo e pronto soldato che mostrò subito la migliore volontà di secondare — in contrasto con qualche capo degli ausiliari — i piani arditi del capitan generale. Stretta d’assedio, cadeva l’undici di settembre, la piazza di Zernata; auspicio lieto di nuovi trionfi giungevano da Venezia, salutate con salve gioiose d’artiglieria, le notizie di quelli riportati 219