M O R O S I N 1 Ad ogni loro vittoria navale i veneziani perdevano capitani illustri, centinaia di uomini e qualche nave, logorandosi sempre dippiù, senza riuscire a padroneggiare il mare in modo tale da impedire, ora o poi, l’afflusso dei rinforzi in Candia. Anche il fuggire continuo e disperato di intere squadre ottomane o barbaresche di porto in porto, corrispondeva forse, meglio che a viltà o a incapacità, al disegno prestabilito di fiaccare i veneziani, di allontanarli dalle loro basi, di costringerli a frazionarsi, per presentarsi poi con grandissimo apparato di forze contro piccole squadre. Nell’isola il tradimento serpeggiava, come la peste, tra le popolazioni esauste e tentava le milizie stanche. L’assedio passava nel 1657 ancora al largo della capitale, ma Cus-seim pascià aveva inalzato opere di grande dominio per battere la zona intermessa tra le trincee e l’abitato e impedire le coltivazioni e i raccolti. La requisizione delle truppe diventava sempre più difficile. I veneziani cominciavano a sottrarsi, in armonia con la lettera delle leggi, ai servizi militari pagando laute somme per l’arruolamento di mercenari, ma il rendimento di questi ultimi appariva scarso e inadeguato ai bisogni. Al soglio dogale era stato assunto da poco Bertucci Valier succeduto a Francesco Corner che, eletto nello stesso anno 1656, aveva potuto regnare pochi mesi appena. Il Valier faceva così il 84