VII. — LA RESA DI C A N D I A del combattimento, di uscire a rincalzo con i suoi per impedire una catastrofe irreparabile. Cinquecento francesi lasciarono la vita nella sciaguratissima fazione, e tra essi lo stesso duca di Beaufort, la morte del quale accorò a tal punto il duca di Noailles da indurlo già allora a studiare il modo di andarsene da Candia con le parecchie migliaia di superstiti demoralizzati a tal punto, che per saggiarne l’animo e vedere in qual modo si sarebbero comportati in un ulte-rione contatto col nemico si fecero uscire dall’opera Palma trecentocinquanta tra fanti e cavalieri. Ma, nè questi si spinsero sulle trincee turche, nè i turchi mossero ad incontrarli sicché la prova si rese del tutto inutile. Intanto, mentre passavano nuovi penosissimi giorni, alla difesa provvedeva il vecchio stremato presidio. I turchi si stringevano sotto quell’opera di San-t’Andrea dove per poco il capitano generale non era perito l’autunno innanzi, che sbarrava l’accesso più vicino alla città e che dovevasi ritenere ormai, virtualmente caduta, giacché non avendone potuto superare i difensori, l’avevano demolita a furia di esplosivi; essi si accanivano egualmente contro i fortilizi innanzi alla porta di Sabbionara immolandovisi, riferiva il Moro-sini al Senato, « senza verun risparmio di cimento e avendo con i fornelli fatto volare più della metà del baluardo », in prossimità infine degli arsenali avevano avanzato due ridotti e - 123---