M O R O S I N I sordine ond’erano minati tutti gli istituti civili senza che i provveditori, i podestà, i residenti sapessero porvi rimedio. E tuttavia questo marasma economico sociale non impediva, pareva anzi favorisse, l’esplodere di un lusso sfrenato che si manifestava per le vie più diverse: dalle costruzioni di nuovi palazzi in città o di nuove ville grandiose in campagna, allo allestimento di spettacoli costosissimi in queste e in quelli; dal- lo sfarzo dei vestimenti alla profluvie di feste cui erano pretesto futili circostanze; dallo sciupio dei privati nei bagordi, alle manifestazioni pubbliche per visite di sovrani o di principi in onore dei quali l’erario spendeva somme ingenti per balli, serenate, regate, feste sull’acqua, banchetti; ragione questa non ultima per la quale i decreti e le leggi emanate contro i vani dispen-dii ed il lusso sregolato dei privati cadevano, invariabilmente, tra l’indifferenza generale, presto dimenticati da coloro stessi che avrebbero dovuto imporne il rispetto. Politicamente la situazione si presentava meno fosca. Il dogado del serenissimo Giustinian, aveva non solo stipulata l’alleanza di Venezia col Papa, l’impero e la Polonia contro il turco; non solo era stato allietato dalla riconquista della Morea, ma aveva, anche, visto rifiorire l’importanza della diplomazia veneta, negli intrighi internazionali, ad opera di patrizi scaltri ed avveduti accreditati come ambasciatori presso le cor- 292