C a r o XI. ìoy sarebbe stàto mica male, se pev quanto tempo, 6 non più, duravano quelle tenebre nel Clero, l’e*-lezioni fossero state fatte dai Patriarchi. Anzi poteva questo essere un efficace rimedio affinchè il Clero si scuotesse dal suo letargo , studiasse , si rendesse idoneo, e così potessero senza paura degli esami esser eletti i Titolati . Ma ancora i Prelati sono uomini, e talvolta all’ umane fragilità più soggetti degli altri , e meno virtuosi in contenersi , massimamente quando trattasi di dilatare le fimbrie, e acquistare diritti. Quindi non si debbe dare tutto il torto al Clero , e prudentemente convien imaginare , che esso temesse > che per le troppe riprovazioni e devoluzioni, a fronte di quelle belle parole, prò bacvice tantum, non pretendessero poi i Prelati suo il gius di eleggere. i j 50 ) Ma quanta in verità fosse allora 1’ ignóA ranza del nostro Clero, consta eziandio dalle storie medesime, e consterà parimenti da quanto diremo altrove circa ciò espressamente. In tanto per averne una giusta idea possiamo seguire lo Scomparino nella raccolta dei fatti seguenti. 135O L’anno 1558, 18 Gennaro,.in S. Fantino , l’eletto Diacono fu riprovato . Nell’ esame disse a quelle parole, AlUgant onera graviti, che grafia si declina graviti, gravite, ed era già un anno dacché era stato eletto. Nello stesso tempo e Chiesa un altro eletto Diacono si nascose per non venir esaminato. Finalmente presentatosi, non volle nemmeno aprir il Breviario : ma il Piovano disse la ragione, Egli nihil penitus scit , ed è soprano~ minato F ignorante. Nello stesso anno trovansi molti riprovati per grandissima ignoranza. MJa)