Capò XI. 385 cìpiendis eorum redditibus longe meliorem condi-tionem habeanc, quam Laici. In faéto etiam pce-narum, contenti sumus removere pcenas, ?d quas Clerid incurrebant , easque remittere ad Censuras. que Clericis ponentur per B. S. ut materiam soivendi habeant. Sumus quoque contenti juxta in-tentionem S. S. quod in civitatibns & locis noftris Terrefirme uni solvantur Decime, Decimeque per personas Ecclefiafticas exigantur , & pecunie cum primum exaéèe fuerint noftris Cameris confignentur. “ 1737) Così tollerava il Principe queste condizioni , che la S. Sede ricercava , per non dispiacere ai Pontefici in quei tempi ancora tenebrosi , e tiranneggiati dalle pratiche introdotte , e dalle guerre. Paolo II, benché Veneto,- fu il Pontefice più inflessibile su questa materia , nè mai volle conceder facoltà di esigere decime , se prima non tirò tant’ acqua al suo mulino, quanta ne voleva . Ciò può vedersi negli Storici e Controversisti nostri , da'quali conyien prendere l’esatta informazione di questa materia. 1738) Le contribuzioni alle quali si vollero soggetti gli Ecclesiastici portarono varj nomi, ed ebbero varie vicende . Anticamente si dicevano Fazioni, Angari e, Impreftidi : nè per quéste nacque controversia prima* dell’anno 1418, tra la Comunità e Clero di Vicenza. Ricorsero a Papa Martino V, che approvò l’istanze di quel Clero , ed avendo egli chiesta l’esenzione per esso, il Principe negò poterglisi ciò concedere con sua Lettera del 1419 , 1 Marzo . Ma fu quello il punto da cui la Curia principiò con forza a prender di mira questa materia. Tom, V. Bb *739)