Capo XI. 359 1709) In fatti non so per qual fatale destino ¿ non solo nei secoli comunemente caliginosi, ma nei più illuminati ancora, a fronte di continue sollecitudini , dispendj e attenzioni dei Prelati e del Principe, il carattere generalmente del nostro Clero nei secoli trasandati fu una tenebrosa ignoranza , per cui in certi tempi erano ludibrio ai Laici . Scrivono i Visitatori Apostolici, pag. 1S7: Trotare quosdam in humanioribus literis versato: Mobile s etiam Piros barbarismos sape Sacerdotum : digito illos oflendere , quos literarum rud:s deprcben-dunt. Libere dicamus; imperitas sacerdos fit Tfobi-lium Venetwwi fabula . E poco sopra avevàno generalmente detto, Contenni & irrideri solent Sacerdotes propter imperitictm. 1710) Era questo un morbo non dei soli Preti della Città nostra , ma dei luoghi circonvicini ancora, e si sa dalle storie quanto un tempo serpeggiasse questa gangrena. In una Carta del 1188, appresso il Corn. XVII, 132, troviamo: S. Tri mie e-rii Peglensis Ecclesia nesciente scribcre pro se roga-vit scribere. Potrebbesi facilmente dallo stile e periodi dell’ antiche Carte Notariali rogate da’ Preti, e che ancora esistono, mostrare quanto fossero barbaramente ignoranti eziandio quelli , i quali riputavamo i più dotti. Ma lasciamo gli altri. Vedremo nel 1331 eletto titolato in S. Cassano chi non solamente non sapeva facere conftru&ionem , ma nemmeno leggere. Vedemmo , che alla metà dei Secolo XV tanta eravi ignoranza nei Piovani nostri y che Domenico de Dominicis mosso a compassione fece il suo libro per loro istruzione, e insegnò loro cose della prinn puerilità , e tuttavia prega Z 4 e scon-